mercoledì 23 febbraio 2011

La soluzione di Planck

Ma dati i numerosi contrasti tra i modelli e tra le formulazioni dei principi (sebbene tutte valide), tra cui le concezioni di Weber e Helmholtz, la conservazione globale e quella locale di Poynting, cosa è possibile affermare sull'energia? e quale criterio di discernimento sulle concezioni è possibile adottare?

Sadi Carnot

Sadi Carnot eredita le concezioni del padre Lazare Carnot, e attraverso un programma di ricerca non standard rispetto al modello laplaciano, ottenne ottimi risultati nel campo della meccanica applicata alle macchine.

In particolare S. Carnot si occupa di macchine termiche; secondo la sua concezione il calore è una sostanza che si sposta da un corpo a temperatura più alta ad un corpo a temperatura più bassa. Inoltre, essendo una sostanza, il calorico non si poteva ne creare ne distruggere.

Il passaggio di calore da un corpo a temperatura più alta ad un corpo a temperatura più bassa, e non viceversa, rappresenta una tendenza a ristabilizzare l’equilibrio del sistema. E’ evidente in questa concezione un’influenza della quantificazione di Oresme e un parallelo con il programma Voltiano.

Il programma di Sadi Carnot è strettamente in relazione alla dinamica dei liquidi: era possibile ottenere lavoro facendo cadere dell’acqua da un’altezza maggiore ad una altezza minore. Su questa linea, descrisse quella che oggi viene chiamata macchina di Carnot, ovvero un processo (indipendente dal macchinario) per cui dalla “caduta” di calorico da un corpo a temperatura più alta ad un altro corpo a temperatura più bassa, era possibile ricavare del lavoro, in formule W=QΔT.

Recuperando, ora, un principio già esposto dal padre Lazare, afferma che anche per le macchine termiche, al fine di ottimizzarne il rendimento è necessario mettere in contatto corpi con la stessa temperatura, così da non aver perdite di forza via. Inoltre, teoricamente, il ciclo dovrebbe essere chiuso e totalmente reversibile.

Tuttavia, una macchina composta da corpi tutti alla stessa temperatura non sarebbe in grado di funzionare perché il calorico non fluirebbe da un corpo all’altro, però anche una semplice variazione dalla condizione di equilibrio (ovvero la presenza di due temperature diverse) produrrebbe un flusso di calorico e quindi una produzione di lavoro. Leggiamo qui il cosidetto secondo principio della termodinamica.

Meccanica analitica e applicata alle macchine

Due interpretazioni a confronto della T=F-U

martedì 22 febbraio 2011

Cartesio e Leibniz a confronto

Leibniz: Brevis Demonstratio

Breve dimostrazione di un errore notevole di
Cartesio ed altri a proposito di una legge di natura,
secondo la quale essi vogliono che da Dio sia sempre
conservata la stessa quantità di moto, della qual
cosa fanno cattivo uso in meccanica.

m --> 4h
4m
--> h

la vis motrix è rispettivamente

mg(4h)
(4m)gh

a partire dalla relazione di Galileo

vh = √2gh

si ha

v4h = √2g4h = 2√2gh = 2vh

quindi

v4h = 2vh

da cui

mv4h ≠ 4mvh

perché

m2vh ≠ 4mvh

e quindi non è la quantità di moto che si conserva; ma allora cosa si conserva?

Si conserva la

mv2

infatti

mv4h2 = 4mvh2

perché

m(2vh)2 = 4mvh2

Leibniz: Brevis Demonstratio
1686

lunedì 21 febbraio 2011

Newton: un punto di svolta per la fisica

Vorrei cercare di evidenziare alcuni punti salienti della fisica di Newton in relazione con la fisica precedente.

Certamente, il principio d’inerzia che Newton riprende e sviluppa a partire da Galileo, è un primo e grande punto di distacco dalla fisica Aristotelica. Secondo Newton, la condizione naturale dei corpi non è il riposo, la stasi, bensì il moto inerziale, ovvero, il moto rettilineo uniforme, di cui l’essere fermi è “un caso particolare”. Già Galileo introdusse un principio di inerzia, ma rispetto a Newton, Galileo pensava ad una inerzia di tipo curvilineo, circolare, infatti fu ispirato dall’analisi del moto dei corpi celesti, appunto circolari.

Newton distingue il concetto di peso da quello di massa e, ancora, il concetto di massa inerziale da quello di massa gravitazionale. In particolare definisce una vis insita e una vis impressa:

La forza insita (vis insita) della materia é la sua disposizione a resistere; per cui ciascun corpo, per quanto sta in esso, persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Questa forza é sempre proporzionale al corpo, né differisce in alcunché dall'inerzia della massa altrimenti che per il modo di concepirla. A causa dell'inerzia della materia, accade che ogni corpo é rimosso con difficoltà dal suo stato di quiete o di moto. Per cui anche la forza insita può essere chiamata col nome molto espressivo di forza d'inerzia......

La vis insita di Newton è si una “proprietà/tendenza” del corpo, tuttavia ha la capacità esclusivamente di resistere alla variazione di inerzia.

A dispetto di Aristotele, Newton collega le forze alle accelerazioni attraverso la sua celebre seconda legge che possiamo scrivere F=ma. Per giunta, con l’introduzione della gravitazione universale e l’uguaglianza numerica della massa inerziale e gravitazionale, tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione. Per Aristotele, il moto è unicamente uniforme. Anche Galileo, in principio, concepisce il moto solo ed esclusivamente come uniforme: la velocità della sferetta sui piani inclinati e la velocità di caduta libera dei corpi è uniforme, essa viene acquisita nell’istante iniziale del moto e, in assenza di attriti, si conserva.

Già per Galileo, grazie al perfezionamento del cannocchiale, fu pietra di scandalo. L’unificazione della fisica terrestre a quella celeste, o meglio di quella celeste a quella terrestre. La legge di gravitazione universale si presenta come un’interazione capace di agire su tutti i corpi che possiedono una massa. Allora anche la Luna “cade” continuamente verso la Terra e i pianeti “cadono” verso il Sole. Tutto l’universo è governato dalle stesse leggi. Indignato Aristotele denuncerebbe l’eresia. Esistono due “mondi” distinti, quello celeste e quello terrestre, essi sono governati da leggi proprie ben distinte.

Newton, come Galileo, fa suo il principio di relatività, ma l’apparente inconsistenza con il principio d’inerzia, lo costringe ad assumere uno spazio ed un tempo assoluto che sia di riferimento per tutti i sistemi inerziali. “Se i corpi possono essere in moto senza cause che agiscono su di essi, dall'interno di questi corpi in moto come facciamo a sapere che siamo in moto?” E’ celebre a questo riguardo, l’esperienza del secchio pieno d’acqua.

Rispetto a Galileo, Newton, tenta una spiegazione dinamica causale dei fenomeni e non solo cinematica. Sebbene la celebre frase “hypotheses non fingo“, da questo punto di vista, Newton sembra decisamente più vicino ad Aristotele rispetto a Galileo.

Certamente la fisica Newtoniana è una fisica assoluta e unificante, certamente rimane del misticismo (ad esempio nelle azioni istantanee a distanza) ma può certamente essere considerata un punto di sintesi ed analisi fondamentale per la storia della fisica.

Per quel che attiene al Principio di Conservazione dell’Energia, sembra invece un po’ forzato e poco fuori tema attribuirne l’origine alla terza legge di Newton.

sabato 19 febbraio 2011

PCE - Galileo, Huygens e Bernulli

La mappa concettuale dei percorsi che hanno portato Galileo, Huygens e Bernulli a formulare degli importanti contributi per la Storia del Principio di Conservazione dell'Energia.

Video Galileo - Huygens

Questi video sono stati realizzati all'interno del corso di Preparazioni di Esperienze Didattiche, sfruttando gli exhibit del Laboratorio Storico Interattivo: "Energia, questa trasformista".
I testi sono stati redatti dagli studenti del corso.










giovedì 17 febbraio 2011

L’eternità e l’immanenza, la mutevolezza e l’essenza peritura delle cose. Quale livello di conoscenza per gli uomini.

Sin dall’antichità essere e divenire hanno rappresentato due grandi interrogativi per gli uomini.

Numerose sono state le interpretazioni ontologiche della natura, monisti e pluralisti sostenevano la teoria degli elementi (fuoco, aria, acqua, terra, o infinità di elementi), gli atomisti sostenevano la realtà dell’essere e del non-essere ponendo l’atomo come elemento ultimo e indivisibile della natura, i pitagorici, ancora, ritenevano il numero sostanza ed elemento costitutivo.

D’altra parte, la mutevolezza e l’entità peritura dei fenomeni terrestri erano evidenti, e da qui le concezioni del divenire e delle trasformazioni, alle volte anche molto diverse come quelle di Democrito e Parmenide.

Anche Aristotele fece filosofia su queste due grandi categorie della natura, spingendosi indubbiamente oltre i suoi predecessori.

Una grande aggiunta che egli fece alla categoria del divenire è la causalità, o fine, del movimento, ovvero egli andò alla ricerca del perché del mutamento, costruendo una fisica relazionale e causale, con una netta distinzione tra il mondo terrestre, appunto, mutevole e perituro, e quello celeste eterno. La causa del moto naturale terrestre è la tendenza immanente dei corpi a raggiungere il loro proprio luogo naturale.

Certamente una delle grandi evidenze da rilevare nelle concezioni di questi filosofi è il tentativo, sebbene affatto completo e compiuto, d’emancipare la natura dalle continue ingerenze del divino, il tentativo di costituire una fisica dotata di regole e leggi proprie auto-consistenti. Certamente il “compimento” di questa “rivoluzione” ebbe bisogno di numerosi altri interpreti.

Ma cosa, in tutte queste trasformazioni, rimane costante? Che cosa non muta in una natura in perenne divenire?

Questa ricerca è sempre stata di grande interesse per l’uomo e ha sempre accompagnato le sue speculazioni quasi a voler pretendere sicurezza e certezze. La tentazione di costituire un universo unico e unificato.

Buridano, nella prima metà del 1300, avanzò la teoria dell’impeto, contribuendo a separare la causa della caduta dal motivo dell’accelerazione dei corpi in caduta libera.

Intorno alla metà del 1300, invece, Nicola Oresme, oltre a proporre il notevole teorema della media, introdusse la quantificazione delle qualità, teoria che diede spunto e influenzò il filone che classifica le grandezze in intensive ed estensive, considerando costante il loro prodotto. Un contributo importante alla ricerca di costanza nella mutevolezza dei fenomeni naturali.

Dunque sono due i principali percorsi che hanno portato a nuovi modelli interpretativi rispetto alla fisica Aristotelica, l’indagine continua del divenire, con particolare riferimento agli elementi costanti del processo, e lo spostamento di prospettiva dallo “scopo” o “fine” alla “meccanica” del movimento.

Il processo d’emancipazione della Fisica è lungo e tortuoso. Sono stati numerosi nella storia i tentativi di costruire macchine che potessero dimostrare l’esistenza del motore perpetuo, una meccanismo che potesse aumentare la propria “vis motrix” senza sottrarla a niente altro. Tuttavia, sebbene molto ingegnosi, nessuno di essi riuscì a produrre una dimostrazione dell’assunto.

E’ fondamentale per la Scienza la posizione che “solo” nel 1775 l’Académie Royale des Sciences di Parigi assunse nei riguardi del motore perpetuo:

La costruzione di una macchina del moto perpetuo è assolutamente impossibile.

Anche ammesso che l'attrito e la resistenza del mezzo non distruggessero infine l'effetto della potenza motrice primaria, tale potenza non potrebbe produrre un effetto uguale alla sua causa; se, poi, si desidera che l'effetto di una potenza sia quello di agire continuamente, I'effetto dev'essere infinitamente piccolo in un tempo dato. Se si riuscissero a eliminare l'attrito e la resistenza, il primo moto impartito a un corpo continuerebbe sempre; esso non agirebbe però in relazione ad altri corpi e l'unico moto perpetuo possibile in quest'ipotesi (che non potrebbe esistere in natura) sarebbe assolutamente inutile e non potrebbe quindi realizzare l'obiettivo che i costruttori di queste macchine del moto perpetuo si propongono. L'inconveniente di queste ricerche è di essere enormemente dispendiose, tanto che esse hanno rovinato più di una famiglia; spesso la meccanica che avrebbe potuto rendere grandi servigi al pubblico, ne ha sperperato i mezzi, il tempo e la genialità. Sono questi i motivi principali che hanno dettato la determinazione dell'Accademia. Affermando di non volersi più occupare di questi argomenti, i membri dell'accademia non fanno altro che dichiarare la loro opinione circa la completa inutilità delle fatiche profuse da coloro che se ne occupano.

E tale assunto, un Principio dunque, produsse nel tempo notevoli risultati.

Ma oltre alla capacità di ottenere risultati, poi superata dai “moderni“ criteri di simmetria e semplicità, quale realtà metafisica si cela dietro le due concezioni di costanza e mutevolezza? Quale livello della realtà della natura è dato conoscere agli uomini?

martedì 15 febbraio 2011

Essere e divenire: dall'antichità ad Aristotele. SCHEMA

I presocratici effettuarono una prima, e comunque parziale, emancipazione della natura dalle continue influenze esterne di Dio. Si cominciarono a cercare regole dell'universo interne all'universo e alla natura stessa. Svilupparono discorsi razionali, discorsi di tipo naturale.
Raccoglierò schematicamente l'analisi aristotelica del pensiero delle filosofie Moniste, Pluraliste, Atomiste, dei Pitagorici e della Scuola di Elea, in base alle 4 Cause Prime.
Lo schema si chiude riportando i capisaldi del pensiero Aristotelico connessi ai temi trattati.

SCHEMA - Essere e divenire: dall'antichità ad Aristotele.

Permane il misticismo:
l'unitarietà della natura ne è esempio.

martedì 11 gennaio 2011

Trentottesima lezione: 27-1-2011

Riepilogo del corso

Trentaseiesima e trentasettesima lezione: 26-1-2011

Bohr, Pauli il decadimento beta ed il neutrino

Trentacinquesima lezione: 21-1-2011

Einstein e l'equivalenza massa-energia

Trentaquattresima lezione: 20-1-2011

Einstein e l'equivalenza massa-energia

Trentaduesima e trentatreesima lezione: 19-1-2011

Il libro di Planck del 1887: secondo e terzo capitolo

Trentunesima lezione: 14-1-2011

Il libro di Planck del 1887: primo capitolo

Trentesima lezione: 13-1-2011

Conservazione locale: Poynting, Hertz

Ventottesima e ventinovesima lezione: 12-1-2011

Helmholtz e la formulazione meccanica del PCE

Ventisettesima lezione: 17-12-2010

Joule e gli esperimenti sull'equivalente

Ventiseiesima lezione: 16-12-2010

Mayer e la deduzione dell'equivalente

Venticinquesima lezione: 3-12-2010

Il ciclo di Carnot

Ventiquattresima lezione: 2-12-2010

Sadi Carnot e la Potenza motrice del fuoco