giovedì 11 novembre 2010

Diciottesima lezione; 12-11-2010

Lazare Carnot e la nascita delle meccanica applicata alle macchine. (Conservazione e rivoluzione).

Diciassettesima lezione: 11-11-2010

Conservazione della vis viva in Daniel Bernoulli (descensus actualis ascensus potentialis), D'Alembert, Lagrange (conservazione alle posizioni). Teorema e non principio.
Schema generale sull'emergere della fisica teorica.

Quindicesima e sedicesima lezione: 10-11-2010

Il paradigma cartesiano: materia inerte, azione a contatto, corpuscoli, vortici,impulso iniziale divino e conservazione della quantità di moto (mv).
Il paradigma newtoniano: spazio e tempo assoluti, forze insite ed impresse, massa inerziale e gravitazionale,azione istantanea a distanza, forze centrali, legge di gravitazione universale, spiegazione della legge di caduta, f=ma (variazione nel tempo della quantità di moto). Costante intervento divino: no ai principi di conservazione.
Il paradigma leibniziano: monadi, uguaglianza tra causa ed effetto, forze vive (mv2) e morte; conservazione del rapporto tra forze vive e morte; effetti nello spazio (lavoro) come misura di tutti i fenomeni della natura; impossibilità del motore perpetuo. Brevis Demonstratio: la vis motrix si misura con la forza viva e non con la quantità di moto.
D'Alambert: chiarificazione analitica del dibattito cartesiani-leibniziani (effetti nel tempo o nello spazio), riduzione del principio leibniziano a teorema della meccanica (lavoro-forza viva).
Planck: il dibattito non può essere ridotto ad un equivoco uso dei termini, significato concettuale: origine di tutti i moti, importanza della posizione di Leibniz

giovedì 4 novembre 2010

Quattordicesima lezione: 5-11-2011

Huygens ed il pendolo composto. Ricostruzioni di esperimenti e animazioni. L'interpretazione di Mach. La conservazione della mv2 alle posizioni. La nascita del concetto di potenziale in D.Bernoulli. Un confronto con il testo di Feynman.

mercoledì 3 novembre 2010

Dodicesima e tredicesima lezione: 3-11-2010

Galileo su pendoli e piani inclinati. I pendoli come misuratori del tempo e come oggetti in caduta vincolata. Altezza di caduta e risalita. Pendoli con vincoli. Analogie con i piani inclinati. Piano inclinato a trampolino e composizione dei moti. Possibili percorsi verso la legge di caduta. I manoscritti 107v e 116 v. Esperienze con il piano inclinato.

mercoledì 27 ottobre 2010

Undicesima lezione: 27-10-2010

La fattorizzazione dell'energia come prodotto di grandezze intensive ed estensive; la posizione di Rankine (1853), di Maxwell (1873) e quella di Duhem (1902).

Decima lezione: 27-10-2010

Nicola d'Oresme: la distinzione tra grandezze intensive ed estensive,il teorema della media.

Nona lezione: 22-10-2010

Tentativi di costruire motori perpetui. Prime affermazioni sull'impossibilità: Leonardo, Cardano, Stevino. La dichiarazione dell'Acadèmie des Sciences del 1775. L'analisi di Planck del 1887.

giovedì 21 ottobre 2010

Ottava lezione: 20-10-2010

Aristotele e il moto (Fisica): cosmologia, quattro cause, moti naturali e violenti, spazio relazionale, azione a contatto, quiete come stato naturale, forza legata alla velocità, contro la composizione dei moti

Settima lezione: 20-10-2010

Aristotele e i presocratici (Fisica libro 2, Metafisica libro 1)

sabato 16 ottobre 2010

Sesta lezione:15-10-2010

I presocratici: il passaggio dalle concezioni mitiche e religiose alla filosofia.
Il Diels-Kranz. Frammenti e brani.
La concezione dell'unità, del "principio", del "niente si crea e niente si distrugge". Sostanza unitaria e causa delle trasformazioni.
I monisti: Talete, Anassimandro, Anassimene.
Eraclito. Parmenide e la scuola eleatica.
I pluralisti: Empedocle, Anassagora, Leucippo e Democrito.
L'atomismo di Lucrezio. Conservazione degli atomi e dei loro moti

Origini: nulla si crea e nulla si distrugge
Mentre con Esiodo e Omero gli dei interferiscono continuamente nel mondo, con i filosofi presocratici si afferma una nuova concezione, fortemente innovativa: l'idea, famosa nella sua formulazione latina, che "ex nihilo nil fit" e che "nil fit ad nihilum", cioè l'impossibilità di creare e di distruggere; Epicuro aggiungerà: "altrimenti tutto può venire fuori da tutto". Pertanto la conservazione di una determinata sostanza unitaria, la conservazione della sua capacità d'azione, la possibilità che il divenire venga ridotto ad aggregazioni e disaggregazioni di elementi. Senz'altro tali filosofi offrono un quadro filosofico molto sofisticato e di grande utilità per lo sviluppo della scienza e senz’altro si può dire che la scienza occidentale prenda le mosse dal tentativo di stabilire delle regole per definire una conservazione all'interno del cambiamento (una soluzione al problema del rapporto tra essere e divenire).
Comincia a esplicitarsi con l’idea che “dal niente non si crea niente” e che “niente si distrugge” una visione unitaria del mondo chiusa alle influenze divine (Talete, Anassimene, Anassimandro). Il divenire si manifesta all’interno di questo tutto (Eraclito) ma sorge subito il problema di stabilire i rapporti tra queste due categorie opposte, entrambe necessarie a dare un’interpretazione dei fenomeni naturali: l’essere (inteso come permanenza nel tempo) e il divenire (inteso come cambiamento continuo). Una scuola propone di dare priorità e verità all’essere (Parmenide, Melisso, Zenone) e di declassare il divenire a apparenza. Ma l’esperienza del divenire è difficilmente eliminabile. “Essere” e “divenire” iniziano dunque una lunga battaglia. Tra le due posizioni estreme (Parmenide: il mutamento è illusione, Eraclito: tutto scorre) si affermano teorie intermedie: si arriva pertanto ad identificare l’essere con alcuni elementi base, ad esempio la teoria dei quattro (cinque) elementi, che componendosi e scomponendosi spiegano il divenire, ovvero le trasformazioni (Anassagora, Empedocle, Democrito). Si tratta di una concessione alla categoria della permanenza, dell’essere, ma nello stesso tempo si accetta la realtà del cambiamento: il mutamento è dato dall’aggregazione e disaggregazione di un certo numero di sostanze. Una soluzione geniale viene presentata dagli atomisti: si conservano gli atomi ed i loro moti. Aggregazioni e disaggregazioni degli atomi spiegano le continue trasformazioni. Il mutamento viene identificato con il movimento.

Lucrezio, a Roma, è il cantore di questa tradizione (De Rerum Natura)
Con Epicuro l'idea di conservazione era entrata prepotentemente nel patrimonio filosofico:

Ed ora, secondo queste norme, dobbiamo procedere a considerare le verità che non cadono sotto i sensi. Ed anzitutto, che nulla s'origina dal nulla; perché ogni cosa nascerebbe da qualsiasi cosa, senza bisogno di alcun seme generatore. E se ciò che dispare si dissolvesse nel nulla, tutte le cose sarebbero ormai perite, perché, nelle singole dissoluzioni si sarebbe ridotta al nulla la materia che le costituiva....
Gli atomi poi, sono in continuo moto sempre (e gli uni cadono perpendicolarmente, gli altri declinano spontaneamente dal moto retto, gli altri rimbalzano per l'urto; di questi poi gli uni nel loro moto) divergono lontani fra loro, gli altri trattengono questo stesso rimbalzo, quando siano respinti dagli atomi che ad essi s'intrecciano, o quando sono contenuti da altri atomi fra loro intrecciati. E questo avviene, perché il vuoto che separa gli atomi gli uni dagli altri, non può, per la sua propria natura, opporre ostacolo alla loro caduta: e d'altra parte la loro insita solidità e durezza fa che urtati rimbalzino, finché l'intreccio atomico non li respinge indietro dal rimbalzo. Questi moti poi avvengono ab aeterno, perché eterni sono gli atomi ed il vuoto. (Epistola ad Erodoto)

Lucrezio, il cantore latino dell'atomismo greco, dedica alcuni versi memorabili del primo libro del De Rerum Natura a questa fondamentale concezione:

Nulla si crea dal nulla

Viene da ciò la paura che opprime gli uomini tutti: scorgono in cielo ed in terra prodursi vari fenomeni, fatti dei quali non possono scorgere punto le cause, e che riportano, quindi, alla potenza d'un dio. Ma se tocchiamo con mano che non può nascere nulla dal nulla, allora più chiaramente sapremo comprendere quello che andiamo indagando: donde ogni cosa si generi, e come ognuna si generi, senza che adoperi un dio.
Venga dal nulla potrebbe originarsi ogni specie da tutte le altre, nessuna abbisognerebbe d'un seme proprio. Potrebbero nascere dal mare gli uomini, i pesci squamosi uscir dalla terra, balzar dal cielo gli uccelli. Mandrie, animali domestici ed ogni sorta di belve, nascendo a caso, vivrebbero nei luoghi incolti e nei colti; nè porterebbe ogni pianta sempre i medesimi frutti, bensì diversi, e produrli tutti potrebbero tutte.
Se non vi fosse per ogni singola specie il suo germe, come si avrebbe un'origine certa e distinta per gli esseri? Ma perché viene ciascuno d'essi da un germe specifico si forman là, di là balzano fuori alla luce del giorno dove son insiti gli atomi loro e la loro materia; nè può ciascuno prodursi da ciascun seme, per questo che in ogni cosa v'è insito uno speciale potere.
Perché vedremmo prodursi di primavera la rosa, d'estate il grano, ed i grappoli quando li molce l'autunno, se non perché confluendo, al tempo giusto, certi atomi, erompe quanto si crea, mentre le acconce stagioni durano, e mette alla luce i delicati germogli, senza che corra pericolo, gonfia di vita, la terra?
Mentre, se nascon dal nulla, germoglierebbero a caso, qua, là, d'un tratto ed in epoche, anche, inadatte dell'anno, non esistendo alcun atomo che il clima avverso tenere dal fecondante connubio potrebbe a forza lontano.
Nè ci vorrebbe, d'altronde, posto che nascan dal nulla tempo, onde crescano gli esseri, all'aggregarsi degli atomi, ma in un solo punto i bambini diventerebbero adulti, e salirebbero, appena spuntati, gli alberi al cielo.
Ciò non avviene ma a poco a poco crescono gli esseri tutti, da un germe specifico, e nella crescita serbano inalterata la specie: se ne deduce che crescono e si alimentano di una propria materia. Nè senza le periodiche piogge potrebbe il suolo dischiudere i rigogliosi germogli: né, per il loro organismo, prive di cibo, potrebbero le creature animate perpetuare la specie e conservare la vita.
Non pensar dunque che senza i primordiali elementi qualcosa possa sussistere: pensa piuttosto, che, come le lettere alle parole, a molti corpi comuni sono molteplici semi. E poi, perché la natura non può crear dei giganti tali che guadino il mare e con le mani divellano le cime ai monti, e vivendo varchino i secoli interi, se non per essere data al divenir delle cose la quantità di materia che ne determina il limite? Va confessato, pertanto, che non può nascere nulla dal nulla, quando alle singole cose necessita un seme donde ciascuna si crei, e possa uscire alle miti auree dell'aria Ed infine, poiché val più coltivato che non incolto il terreno, e reca, a chi lo lavora migliori frutti, è da credere vi sian nel suolo dei germi che dirompendo le fertili zolle, e volgendo col vomero la superficie della terra noi sprigioniamo alla vita: perché, se no, senza alcuna nostra fatica, spontaneamente vedremmo sbocciare più rigogliosi i germogli.


Nulla si distrugge

I corpi tutti ne' suoi atomi poi la natura se li dissolve di nuovo, non ne distrugge nessuno. Perché se fosse, una cosa, mortale in tutto e per tutto, ci sparirebbe, morendo, subitamente dagli occhi: a disgregarne le parti ed a dissolverne i nessi non ci vorrebbe l'azione d'alcuna forza. Ed invece, essendo eterni i principi onde si formano gli esseri, fino a che manchi la forza che a furia d'urti li sgretoli, o pei meati vi penetri dentro; e così li disgreghi, non può soffrir la natura che alcuno mai ne perisca. E se annientando totalmente la loro materia distrugge il tempo le cose che fa sparir per vecchiaia donde alla luce del sole potrebbe riportar Venere le varie specie animali, e, riportate, nutrirle ed allevarle la fertile terra porgendo a ciascuna, specie per specie, il suo cibo?
Donde le fresche sorgive ristorerebbero il mare e i fiumi che si dilungan di tanto? L'etere donde potrebbe pascere gli astri? Tutto, quant'è di mortale materia, il tempo infinito ormai trascorso, i millenni, dovrebbe averlo distrutto. Ma se per tutto quel tempo, per tante età son durati, sono i principi che formano questo universo, di certo, d'una immortale natura.
Non può perciò convertirsi cosa nessuna nel nulla.
Sarebbe, infine, la forza stessa la causa che estingue comunemente le cose, se la materia immortale non resistesse, qui meno, lì più legata ne' suoi nessi, in se stessa; e il contatto sarebbe causa di morte: ché, non constando le cose d'atomi non perituri, spezzar dovrebbe ogni minima forza la loro compagine. Ma perché, invece, è dissimile la coesione degli atomi e la materia immortale, restano intatte le cose nella struttura, fin che una forza non le urti bastantemente, adeguata alla testura di ognuna. Non dunque tornano al nulla le cose, ma, disgregandosi, tutte ritornano ad atomi della materia. Rovescia etere, il padre, alla madre terra la pioggia nel grembo: essa scompare, ma s'alzano lussureggianti le messi, e rinverdiscono agli alberi i rami, gli alberi crescono e si fan gravi di frutti. Di qui si nutre l'umano genere e il genere delle fiere: di qui le città fioriscono liete di bimbi, e le frondifere selve cantan, coi nuovi uccelletti, in ogni parte un sol canto: di qui spossati dal loro peso, si sdraian gli armenti nei lieti pascoli, e dalle poppe rigonfie distilla l'umor del candido latte, di qui per entro le tenere erbe, con membra malferme, lascivi ruzzano i redi inebriati di puro latte la mente novella.
Non ciò che sembra perire, dunque, perisce del tutto, perché rifa' la natura cosa da cosa, e non vuole ch'una ne nasca, se un'altra non la soccorra morendo.

La conservazione non era attribuita solo alla materia. Di fondamentale importanza per noi è che gli atomisti attribuivano eternità anche ai moti dei loro atomi, sebbene ovviamente non a ciascun moto individualmente. Anche il moto dunque fu concepito come qualcosa che potesse essere indefinitamente redistribuito, ma mai completamente annullato. Tutti i fenomeni dell'universo consistevano di redistribuzioni di materia-movimento. Una concezione che arriverà fino a Maxwell (Vedi Matter and Motion). Citiamo ancora Lucrezio:


Creazione continua

E non mai fu più compatta di adesso, nè con più grandi intervalli la massa della materia, ché nulla in essa si accresce, nulla si scema in natura.
Quindi quel moto medesimo che hanno ora, gli atomi semplici l'ebbero già per l' addietro, negli evi scorsi, e in futuro sempre saranno aggirati nella medesima guisa, e quanto è solito nascere rinascerà con l'identica sorte, e sarà, crescerà, avrà rigoglio pel tempo che ad ogni cosa è per legge della natura assegnato.
Nè forza alcuna potrebbe alterar mai l'universo ché non v'è luogo né dove possa ritrarsi una parte della materia dal cosmo, nè donde sorgere e irrompere possa nel cosmo una forza nuova, e mutarne l'essenza tutta, e sconvolgerne i moti. E non ti deve stupire a tal riguardo che mentre son tutti gli atomi in moto, pure ci sembra che stia ferma la somma del tutto in una somma quiete, salvo se fa qualche cosa col proprio corpo alcun moto. E ciò perché, per natura, molto lontani son gli atomi dai nostri sensi, e invisibili.


Incontreremo ancora molto spesso questa doppia radice concettuale dell'idea di conservazione: nulla si crea e nulla si distrugge. Eppure i suoi legami con lo sviluppo e la formazione dei concetti di lavoro prima e di energia poi furono molto travagliati.

mercoledì 13 ottobre 2010

Quinta lezione: 13-10-2010

Metodologia e storiografia: una critica di Kuhn ai libri di testo, lo schema neopositivista della rete di sicurezza, lo schema di Einstein, l'elaborazione di Holton, le tre componenti di Holton, le tre componenti di Buchdahl, uno schema a quattro componenti. Mappe concettuali
v. presentazioni e l'articolo di Buchdahl: Stili del pensiero scientifico

Quarta lezione: 13-10-2010

Introduzione al libro di Haas
v. presentazione, oppure: Haas, introduzione al volume

Terza lezione: 7-10- 2010

Energia, introduzione: Molière e Feynman

1. Il termine “energia” ed il principio della sua conservazione superano i confini disciplinari, pervadono la società contemporanea e sono al centro di profonde implicazioni scientifiche, culturali, economiche e tecno-logiche rilevanti per gli sviluppi della nostra società globalizzata. I problemi dell’approvvigionamento energetico, della gestione delle “fonti”, delle energie ”alternative”, del riscaldamento globale, della produzione industriale e agroalimentare si aggiungono ai problemi dei consumi energetici delle famiglie e a quelli dei bilanci metabolici degli individui. È difficile oggi trovare un termine scientifico che sia entrato nel linguaggio comune con maggiore frequenza. Nella maggior parte delle discipline scientifiche come in tantissime attività quotidiane “energia” è usato continuamente.
Eppure non solo il pubblico ma anche autori importanti (tra i quali il Premio Nobel R. Feynman) confessano di non averne capito il significato (o anche i significati).
Che vuol dire “energia”? Come mai l’energia si conserva? Di solito l’energia si definisce come la “disposizione”, la capacità di compiere lavoro, ma cosa vuol dire “capacità” e perché questa “capacità” si dovrebbe conservare? Qual è il significato di “lavoro”. Come mai ci sono tante forme diverse di energia? Come si identificano queste forme? Sono indipendenti l’una dall’altra? Come si convertono l’una nell’al-tra? Come mai il concetto ed il principio pervadono tutte le discipline? È possibile arrivare ad un’espressione primaria (finale) dell’energia? Il principio di conservazione dell’energia è un risultato sperimentale o un principio teorico? Che rapporto c’è tra la degradazione dell’energia e l’evoluzione delle forme di “vita”? È corretto parlare di “fonti” di energia”? Quali sono le opzioni scientifiche e tecnologiche contemporanee?
2. Iniziamo il nostro percorso con due citazioni molto diverse:
a. Molière (Jean-Baptiste Poquelin) Parigi, 15-1- 1622 – Parigi, 17-2-1673
Il malato immaginario è una commedia in tre atti con due prologhi e tre intermezzi composta nel 1673 dal commediografo francese Molière. Il 17 febbraio del 1673 Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione di questa commedia nonostante il suo grave stato di salute, morendo infine poche ore dopo.

1673: “Il malato immaginario”
Uno studente di medicina fa l’esame di laurea. I professori in toga gli chiedono: “perché l’oppio fa dormire?” Lo studente è incerto, tentenna. Improvvisamente ha una ispirazione: l’oppio fa dormire perché ha la “virtus dormitiva” (capacità di far dormire)! I professori sono molto soddisfatti, lo studente è promosso. Gli spettatori ridono perché pensano sia una pseudo-spegazione. Oggi chiediamo ad uno studente: perché abbiamo bisogno di energia per compiere un lavoro? La risposta: perché l’energia ha la vis motrix (la capacità di compiere lavoro). Lo studente è promosso, i professori sono soddisfatti, ma nessuno ride! Il termine disposizionale è oramai accettato. Eppure non tutti sono soddisfatti.
b) Richard P. Feynman (1918–1988)

The Feynman Lectures on Physics 1963
Una madre lascia giocare il figlioletto con dei dadi. Nonostante alcuni cambiamenti (dadi sotto il tappeto, in una scatola chiusa, nell’acqua della vasca da bagno, fuori dalla finestra) alla fine la madre osserva che il numero dei dadi è sempre lo stesso. Come si collega questo esempio al principio di conservazione dell’energia? C'è una analogia, ma con due problemi fondamentali, dice il premio Nobel Richard Feynman. Noi non conosciamo né la forma (i dadi) né la quantità (il numero dei dadi) dell’energia. Qual è dunque il significato del concetto di energia e del principio di conservazione dell’energia? Feynman alla fine dice: “Non capiamo la conservazione dell’energia”.

mercoledì 6 ottobre 2010

Seconda lezione: 6-10-2010

Le due culture: Conant, Kuhn e V.Bush; Pavia: fonti primarie e secondarie, tecnologie digitali e Web 2.0
v. presentazione

Prima lezione: 6-10-2010

Illustrazione programma e valutazione


Una genealogia

Le origini del concetto di energia (e della scienza occidentale) risalgono al tentativo di superare le spiegazioni mitologiche e religiose degli eventi naturali ed al problema di conciliare due categorie opposte, entrambe necessarie a dare un’interpretazione dei fenomeni naturali: l’essere (inteso come permanenza nel tempo) e il divenire (inteso come cambiamento continuo. Si ipotizza l’universo inteso come un tutto e che “niente si crea e niente si distrugge”, una concessione alla categoria della permanenza, dell’essere. Nello stesso tempo però si accetta il cambiamento: sono possibili tutte le trasformazioni che sono in accordo con la regola precedente. All’interno del “divenire” dei fenomeni naturali si ipotizza quindi che “qualcosa” resti costante (altrimenti ci sarebbe creazione o distruzione). La concettualizzazione e la identificazione di questo “qualcosa” ha occupato filosofi prima e scienziati poi per circa duemilacinquecento anni, spesso con accaniti dibattiti e soluzioni contrapposte, ed è una storia ancora in corso.
Qual è dunque la genealogia storico-concettuale del termine “energia”? Qual è lo sviluppo storico delle applicazioni che hanno dapprima portato e poi sono derivate dal principio di conservazione? Un problema complesso. Alcune risposte possono essere trovate attraverso un percorso storico tra i testi di autori straordinari. Lungo il percorso vedremo varie interpretazioni del principio (regolativo: con caratteristiche sia giustificative che euristiche), dei modelli concettuali ad esso associati (l’intellegibilità, ovvero la spiegazione concettuale), delle formulazioni matematiche e delle determinazioni sperimentali. Andremo alle origini metodologiche e culturali della scienza occidentale. Le varie formulazioni del principio saranno legate a specifiche “filosofie” e i vari modelli del concetto saranno legati a specifiche discipline e teorie, i bilanci energetici ad un complesso rapporto teoria-esperienza (se il bilancio non torna abbandoniamo il principio? oppure conserviamo il principio e modifichiamo la teoria e/o le determinazioni sperimentali?). Infine il significato del principio viene discusso in relazione “alle condizioni di possibilità” della conoscenza scientifica.
Si presenta qui uno schema dell’evoluzione storica, certamente non lineare né cumulativa, di alcuni importanti elementi che hanno concorso a interessanti formulazioni, spesso oggetto di dibattiti e controversie scientifiche, del principio di conservazione e dei modelli di energia che via via l’hanno accompagnato. Da una parte dunque elementi di filosofia naturale, dall’altra modelli esplicativi, formulazioni quantitative, risultati sperimentali, innovazioni tecnologiche. Si spera così di dare un contributo alla “genealogia” del principio di conservazione dell’energia.
a) Già nella filosofia della natura presocratica si trovano elementi di grande rilievo: l’idea dell’universo come un tutto e della sua conservazione, i tentativi di identificare cosa si conserva, e quelli di spiegare il mutamento. La filosofia di Aristotele, pur differenziandosi da questi promettenti inizi, offre molti duraturi contributi: il primo uso del termine “energeia”, la tendenza a passare dalla potenza all’atto, la tendenza verso lo stato “naturale” di equilibrio.
b) Nel periodo medievale inizia la vana ricerca di un motore perpetuo (produzione di lavoro senza corrispondente compensazione) e l’innovativo tentativo di quantificare le qualità: il prodotto (fattorizzazione) di due grandezze (una delle quali “intensiva” e l’altra “estensiva”) ci dà una terza grandezza.
c) Via via si afferma l’impossibilità del motore perpetuo e nel Seicento questo principio produce numerosi e importanti risultati: l’equilibrio sui piani inclinati (Stevino), la legge di caduta che lega altezze e velocità finali di caduta (Galileo), il ruolo dell’espressione mv2 e la conservazione di questa quantità ad una determinata posizione (Huygens) in una fisica che si contrappone a quella newtoniana delle traiettorie. Il famoso dibattito tra cartesiani e leibniziani (si conserva la quantità di moto o la forza viva?) accompagna notevoli contributi di Leibniz: negli urti anelastici la forza viva diventa interna, la causa uguaglia l’effetto (la causa diminuisce quando l’effetto cresce in maniera quantitativamente corrispondente), causa ed effetto vengono identificate con forza morta e forza viva (ma ciò è reversibile), il lavoro meccanico (effetti nello spazio) viene proposto come unità di misura per tutti i fenomeni della natura (l’impossibilità del motore perpetuo garantisce l’invarianza dell’unità di misura).
d) Nel Settecento emergono contributi di minore generalità ma di maggiore concretezza: sviluppi analitici portano al teorema (non più principio!) del lavoro-forza viva ed alla prima definizione della funzione potenziale. La conservazione della forza viva è intesa come conservazione ad una determinata posizione. Si sviluppa la meccanica applicata alle macchine e l’accento passa alla trasmissione del lavoro, in un nuovo significato la conservazione della forza viva (lavoro latente) diventa necessaria per ottimizzare il rendimento: vanno eliminati urti e attriti negli ingranaggi. Si sviluppano anche le macchine termiche, con la progressiva separazione di caldaia, cilindro e condensatore, e si arriva alla distinzione tra calore (grandezza estensiva) e temperatura (intensiva), calore effettivo e calore latente. Due personaggi geniali, eterodossi ma fortemente innovativi, professori all’Università di Pavia, vanno ricordati: Boscovich che tentò di descrivere tutti i fenomeni con una “forza” unitaria, e Volta che utilizzò il prodotto di grandezze estensive ed intensive e definì la “tensione”. Sviluppando la teoria del contatto bimetallico (conduttori “motori”) Volta costruisce la pila, che consentirà straordinarie trasformazioni e conversioni.
e) Agli inizi dell’Ottocento si contrappongono due filosofie della natura diverse: da una parte il modello “standard” laplaciano, basato su una concezione corpuscolare, forze a distanza e fluidi imponderabili, dall’altra la filosofia romantica della natura, tesa da una parte all’esperienza qualitativa ma dall’altra all’unità dei fenomeni della natura. Inaspettatamente da questo secondo approccio emergono numerosi risultati che collegano variamente calore, lavoro, elettricità, magnetismo, gravitazione, ottica. Sadi Carnot, in parte sulla base delle suggestioni del padre Lazare, pone i fondamenti della termodinamica, Mayer e Joule, rifiutando l’idea del calore come sostanza, cercano di determinare se le trasformazioni sono basate su coefficienti di equivalenza costanti. Helmholtz concluderà la prima metà del secolo con una sintesi dell’idea newtoniana di forza a distanza e leibniziana di conservazione forza morta-viva (ora energia cinetica e potenziale). Siamo alla prima formulazione del principio di conservazione dell’energia che si applica a tutte le discipline e a tutto l’Universo. Non a caso una conservazione “globale” (basata sull’azione a distanza). Nasce la fisica teorica: le leggi devono essere in accordo con il principio oltre che con gli esperimenti, il principio deve essere specificato attraverso modelli (spesso in competizione), le varie forme di energia vanno individuate nella maniera più completa possibile (compito difficile!).
f) La seconda metà del secolo si apre con delle controversie: Weber e Clausius obiettano alla restrizione imposta sulle forze newtoniane, Rankine propone la “fattorizzazione” dell’energia, Maxwell decide di matematizzare (e modificare) la teoria di Faraday dell’azione a contatto. Mentre Clausius e Kelvin trasformano i risultati di Carnot nel secondo principio della termodinamica. Sulla scia dei lavori di Maxwell si sviluppa un principio locale e non globale di conservazione, legato cioè all’azione a contatto e non a quella a distanza. Due famosi allievi di Helmholtz, Hertz e Planck, sostengono il principio locale. Hertz riscrive la Meccanica tentando di eliminare il concetto di energia potenziale e Planck sostiene l’impossibilità di una definizione primaria (finale) della conservazione dell’energia. Sul finire del secolo si sviluppano accesi dibattiti sui fondamenti: concezioni meccaniche, elettromagnetiche, termodinamiche, energetiche tentano di prendere il sopravvento.
g) Ma agli inizi del nuovo secolo Einstein con i quanti e con l’equivalenza massa-energia avvia una nuova rivoluzione: i vecchi approcci vengono modificati e si affermano la relatività e la meccanica quantistica che poi entreranno in (parziale) competizione. Interessante negli anni trenta la vicenda del neutrino: Bohr e Pauli di fronte ai problemi dei bilanci energetici relativi al decadimento beta prendono posizioni diverse: il primo suggerisce l’abbandono del principio, il secondo la modifica del modello con l’introduzione di una nuova particella, poi battezzata da Fermi “neutrino”. Con l’acceleratore di Cockroft-Walton si ottiene la prima corroborazione dell’equivalenza massa-energia e nei primi anni quaranta lo sviluppo della prima pila atomica da parte di Fermi apre le porte alla “big science”.

Il concetto d'energia ha rappresentato il tipo d'intellegibilità che il filosofo francese delle scienze, Emile Meyerson, descrive come costituente l'obiettivo stesso dell'impresa scientifica: la riduzione del diverso ad un'identità più fondamentale, del cambiamento ad una permanenza profonda. Partendo da presupposti diversi, nota Prigogine che ancora oggi è sul terreno dell'interpretazione del concetto di energia che si decide l'esito di quelle stesse antiche domande sui valori relativi della permanenza e del divenire.
La conservazione dell’energia, con la continua tensione tra “essere” e “divenire” viene utilizzata in molte discipline diverse: dalla biologia alla psicologia alla psicanalisi.
Ma la digitalizzazione delle conoscenze, la “dematerializzaione” ed i problemi ecologici ne mettono in discussione il primato agli inizi del nuovo millennio.

lunedì 4 ottobre 2010

Programma

Storia delle Scienze
Fabio Bevilacqua (fabio.bevilacqua@unipv.it)

Storia e interpretazioni del principio di conservazione dell'energia

Dal 1847 (Helmholtz) il termine “energia” è utilizzato sempre più frequentemente sia nel linguaggio quotidiano sia nel linguaggio scientifico, ove supera continuamente i confini disciplinari. Eppure attribuire all’“energia” ed al relativo principio di conservazione un significato univoco è impresa ardua: numerose sono state e sono le formulazioni e le interpretazioni. Un esempio paradossale: nel 1959 Thomas Kuhn, il più famoso storico della scienza della seconda metà del 20° secolo, afferma: “noi sappiamo che l’energia si conserva”, ma nel 1963 il premio Nobel per la fisica Richard Feynman scrive: “non capiamo la conservazione dell’energia”. Tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo importanti contributi all’analisi storico-critica del principio, sono venuti da un dibattito tra scienziati, filosofi, storici (tra i quali Mach 1872, Planck 1887, Helm 1898, Poincarè 1902, Ostwald 1908, Meyerson 1908, Haas 1908, Cassirer 1910). Il corso si propone di discutere alcuni momenti della lunga e complessa storia del principio di “conservazione dell’energia”, ad esempio: l’origine dell’idea che “nulla si crea e nulla si distrugge”; i fallimentari tentativi di costruire un “motore perpetuo”; la formulazione dell’energia come prodotto di una grandezza intensiva (non additiva) ed una estensiva (additiva); il legame stabilito da Galileo tra velocità e altezza di caduta; i dibattiti tra cartesiani e leibniziani; lo sviluppo delle macchine ed in particolare delle macchine termiche; i contributi di Alessandro Volta (elettricità) e Sadi Carnot (termodinamica); la definizione del concetto di lavoro; i contributi di scienziati influenzati dalla filosofia romantica della natura; l’equivalenza calore-lavoro in Mayer e Joule; la formulazione del primo (Helmholtz) e secondo (Clausius) principio della termodinamica; le concezioni psicofisiche di Fechner; le differenze tra la concezione globale e quella locale della conservazione; l’equivalenza massa-energia di Einstein. Cenni verranno dati sull’influenza delle concezioni fisiche dell’energia su altre discipline: la chimica, la biologia, la fisiologia, la psicologia, la psicanalisi, l’economia.

Bibliografia

Testi di riferimento

H.E.Haas: La Storia dello Sviluppo del Principio di Conservazione della Forza (1909), Pavia, 1990 (http://ppp.unipv.it/Collana/Pages/ClassFrameLnk.htm)

M.Planck: Il Principio di Conservazione dell’Energia (1887), Pavia, 1990 (http://ppp.unipv.it/PagesIT/StoriaScienza/PDF/6_PLANCK18.pdf)

Altri materiali saranno pubblicati online sul blog del corso: http://stosc10-11.blogspot.com/